Quale futuro per Procida?

Gino Finelli – Una domanda che dovremmo porci più frequentemente è dove sta andando la nostra Isola, verso quale prospettiva e, soprattutto, quale futuro intende progettare per le generazioni a venire e per un suo sviluppo sostenibile.
Ma a questa domanda nessuno intende rispondere, poiché è, come sempre preferibile per chi governa la cosa pubblica, vivere al meglio il presente, dimenticando che spesso gli obiettivi raggiunti possono essere effimeri e superficiali.
È sotto gli occhi di tutti, la trasformazione che il territorio ha avuto negli ultimi venti anni. Dalla cenerentola delle isole del golfo, alla magia delle prime pagine dei giornali e dei media internazionali. Dalla assenza o povertà di alloggi per il turismo, alla crescita esponenziale e smisurata di hotel, b/b, case vacanze ecc. Dalla presenza di pochi ristoranti, alla oramai loro invasione anche in luoghi storici e particolarmente significativi. Da un porto di pescatori con pochissimi posti barca disponibili agli oltre 1000 posti con un turismo non sempre positivo ed utile per l’Isola.
Era l’Isola degli intellettuali, set di film famosi, ricercata da artisti, poeti e scrittori che volevano un luogo lontano dalla mondanità nel quale vivere, integrandosi con le sue tradizioni e il suo popolo. Era l’Isola dei naviganti, della grande storia di armatori e marinai, della grande tradizione religiosa e dell’immenso patrimonio culturale.
E su questa strada, quella cioè di mantenere passato e presente in una alchimia che avrebbe dovuto e potuto integrare il progresso con il passato, lasciando integro il territorio e le sue tradizioni, si sarebbe dovuto sviluppare un progetto di crescita sostenibile.
È vero che per le nuove generazioni la via del mare, quella delle petroliere, dei containers, o perfino delle navi da crociera, non rappresenta più l’obiettivo primario e, che i sacrifici connessi a quel tipo di lavoro prima di giungere al comando, sono come per tutti i lavori, necessari nonostante in questo tipo di lavoro il guadagno è molto, molto più alto di un equivalente lavoro in terra ferma. Ma oggi l’implementazione turistica che ha avuto il territorio, consente di non “partire più” di rimanere sul posto avviando piccole attività fortemente redditizie che impiegano un sacrificio per pochi mesi, con ampi periodi di riposo. E così ecco crescere a dismisura, alloggi di ogni tipo, ristoranti, bar, pub e così via con costi elevati e, in molti casi, non giustificati. Si assiste allo strano fenomeno che il listino prezzi, ad esempio nei bar, ha una diversificazione tra il residente e il turista occasionale e che, moltissime attività occupano a dismisura spazio pubblico, come ad esempio è accaduto alla Corricella, modificando completamente il luogo e la sua storia.
Ed è per queste ragioni e per molte altre, che oggi nessuno si vuole porre la domanda: cosa vogliamo per il futuro di Procida?
Se è stato un bene essere divenuti capitale della cultura e cosa di fatto essa ha determinato nello sviluppo sostenibile del territorio è un’altra domanda che nessuno vuole porsi.
Io penso che per una piccola realtà come la nostra, qualsiasi riconoscimento sia utile, ma allo stesso tempo ritengo che bisogna che intorno ad esso si sviluppi un modo di pensare, un senso aggregativo, un’unità di intenti che coinvolga la maggior parte della comunità e che apra seriamente un percorso di formazione per le generazioni a venire.
Nulla di tutto questo è avvenuto e nulla si vede all’orizzonte. È sempre il quotidiano, quello del prendi oggi poiché non sai domani, che prevale sulla gestione della cosa pubblica. Il consenso, quello ottenuto per le piccole cose di pessimo gusto, prende il sopravvento su un progetto di crescita e sviluppo utile e produttivo. È il male della nostra democrazia che, avendo perso riferimenti e valori, è divenuta merce di scambio dequalificata e insignificante sia sotto l’aspetto educativo che socio-politico. D’altronde chi e perché dovrebbe preoccuparsi del futuro quando: “del futur non v’è certezza”.
In questo contesto fratturato, disunito, belligerante, e improduttivo, non vi è alcuna speranza di poter rispondere alla domanda. Ed invece in previsione del futuro scontro elettorale sarebbe davvero più che mai utile aprire un dibattitto su questo tema. Una valutazione saggia ed attenta su ciò che è stato, quello che di buono ed utile si è ottenuto, le cose positive e negative, il tutto finalizzato ad una visione prospettica che possa guardare avanti e non solo al presente.
Ma vedo già all’orizzonte una campagna elettorale faziosa, uno scontro che poco ha di politico e che spesso squallidamente ricade sul personale. Una dicotomia non già di progetti, idee e pensieri, ma di simpatie personali e di faziosità mediocri e insignificanti politicamente e culturalmente. È vero un territorio rispecchia in parte quello che è il panorama politico nazionale, ma c’è un’altra parte quella legata alla radicazione, alla naupatia che ciascun procidano ha nel suo sangue e che può tirar fuori per costruire un percorso alternativo che riesca a mettere insieme anime differenti su un unico disegno per il futuro concreto e sostenibile di questo splendido scoglio.